LE EPIDEMIE DI PESTE A PADOVA NEI DOCUMENTI D’ARCHIVIO
Il disagio dovuto alle misure di contenimento delle malattie epidemiche non fu certamente sconosciuto ai nostri antenati: a partire dal XIV secolo e facendo scuola in Europa, i magistrati alla Sanità creati negli stati italiani per far fronte al diffondersi della peste nera disposero, in occasione dei contagi, quarantene dei malati e delle loro abitazioni, divieti di circolazione in entrata e in uscita dai luoghi infetti etc. Le procedure per l’isolamento dei morbi contagiosi vennero riscoperte nel XIX secolo in Inghilterra e in Francia, e trovarono applicazioni sia nell’Ottocento che nel Novecento.
L’archivio di Stato di Padova propone una modesta selezione dalla documentazione sulla materia conservata nei suoi depositi, in tre “puntate” tematiche: la peste del 1575-76 e 1630-31, il Cholera morbus del 1855, le campagne di vaccinazione antivaiolose dei secoli XVIII e XIX.. I documenti proposti riguardano i contagi e le misure di prevenzione imposte dalle autorità sanitarie a Padova e nel suo territorio.
Le pestilenze del 1576-77 e 1630-31
La peste nera, o peste bubbonica, è una infezione batterica che si trasmette dai ratti all’uomo tramite le pulci e che, se non trattata con antibiotici, raggiunge una mortalità dell’80% a otto giorni dal contagio. Le epidemie di peste del Cinquecento e Seicento sono episodi piuttosto noti nella storia del nostro paese (durante la prima trovò la morte Tiziano Vecellio, attraverso la seconda si snoda la narrazione dei Promessi sposi del Manzoni). La città di Padova e il suo territorio furono duramente colpiti dal morbo: entro il 1577 il numero dei decessi nel solo capoluogo aveva raggiunto le 12.388 unità (su una popolazione che, al 1571 ammontava a circa 36.000 abitanti). Nel 1631, al termine del secondo grande contagio, la popolazione di Padova si era ridotta a 12.122 abitanti, dai circa 30.000 che si contavano prima dell’epidemia.
Bibliografia essenziale
Alessandro Cannobbio, Il successo della peste occorsa in Padova l’anno 1576, Venezia, Grazioso Perchacino, 1577, reperibile in Google libri;
Agostino Scotto, Trattato historico della peste dell’anno 1631. Con molte osservationi, avvertimenti, et remedii sperimentati più giovevoli […], Padova Crivellari stampatore camerale, [1631];
Bartolomeo Barbato, Il contagio di Padova del 1631, Rovigo, s.e., 1640; Ciro Ferrari, Il lazzaretto di Padova durante la peste del 1630-31, Padova, Società cooperativa tipografica, 1905;
Edgardo Morpurgo, Lo Studio di Padova, le epidemie ed i contagi durante il governo della repubblica veneta (1405-1797), Padova, La Garangola, 1922; Gino Meneghini, La peste del 1576 a Padova, Padova, Stediv, 1956.
Sulle epidemie di peste del Cinque-Seicento si vedano anche le seguenti opere, contenenti interessanti informazioni bibliografiche e di contesto:
Paolo Preto, Peste e società a Venezia nel 1576, Vicenza, Neri Pozza, 1984;
Carlo M. Cipolla, Cristofano e la peste, Bologna Il Mulino, 2004; Carlo M. Cipolla, Chi ruppe i castelli a Montelupo?, Bologna, il Mulino, 2013.
TESTIMONIANZE DALL’ ARCHIVIO DI STATO DI PADOVA
ASPd, Sanità, tomo n. 262:
«Clarissimi tamquam patres honorandi.
Essendomi venuto ad orecchie da diverse bande et luochi che per causa pestilential di morbo sono banditi molti villaggi et ancho, alli giorni prossimi passati, bandita Verona et alcuni de’ suo villaggi, né avendo fin’hora havuto notitia certa, mi hà parso inviar le presenti a Vostre Signorie Osservandissime, supplicandole ad esser contente se sono alcuni luochi suspetti, Ser Iddio nol voglia, darmene particular aviso, acciò possi proveder a’ quanto è debito mio per conservation di questo loco a me da Sua Serenità commesso, et popoli in esso et territorio habitanti; et con ciò facendo fine et a Sue Mangificentie Servandissime offerendomi me gli faccio sommamente raccomandato.
Di Campo S. Piero, li 12 settembrio 1575
Di Vostre Signorie Servandissime
Paulo Dolfin Podestà»
ASPd, Sanità, tomo n. 264:
«Molto Magnifici Signori osservandissimi.
Havendo havuto aviso da persona degna di fede che nel castello della Tisana nel Friuli è scoperta la peste et che molti ne morono, la causa del qual si dice perché furno donati alcuni velli da alcune monache da Venezia ad una signora di quel luoco, et che la signora et sue damigelle et molti della casa sua sono morti et di più sono restati quatro amallati, et che a Portogruaro il ditto loco è stato bandito, però essendo la materia importantissima, ne ha parso darne aviso alle Magnificentie Vostre, acciò le possino far quelle debite provisioni che si ricerca et con quello fine alle Magnificentie Vostre humilmente ci raccomandiamo et affermiamo.
Di Cittadella, il primo novembre mdlxxv
Di Vostre Magnificentie affecionatissimi
Li Provveditori alla Sanità»
ASPd, Sanità, tomo n. 282:
«Molto magnifici Signori miei honorandi.
Hiersera, venuto ch’io fui da Padova, intesi ch’un Vincenzo Molinaro da Vigonza era malato de febre con un gran carbon sopra la coscia. Questa mattina il degan di Vigonza è venuto a trovarmi qui a Mellaredo, per dirmi come costui questa mattina è morto, pensando ch’io anchora habbia il carico di queste ville, come hebbi l’anno passato; io gli ho commesso che subito ne venga a dare notitia alle Magnificentie Vostre, acciò che possono deliberare intorno al farlo vedere et sepelire et sequestrare quelli, con cui costui in questi giorni ha pratticato; costoro mi dicono ch’egli non pratticava né a Padova né a Venetia, et che ha preso il male da una gatta, ch’andava vagabonda, ch’era d’un casone in Vigonza infettato, ch’io già feci abbruggiare, alla qual gatta ha dato ultimamente ricetto in casa sua, per haverne bisogno, et la veniva a dormire nel suo letto. Io così richiesto dal detto degan ho scritto alle Vostre Magnificentie queste poche righe; alle quali molto me raccomando et offro.
Di Mellaredo, alli 24 marzo 1577
Di Vostre Magnificentie
Ser Giacomo Zabarella»