← INDIETRO

GRAND TOUR NELLA PADOVA DEL SETTECENTO

Nei ricchi archivi dei monasteri si conservano piccole, autentiche opere d’arte. I documenti prodotti per assolvere a precise istanze amministrative, grazie anche alla cospicuità degli mezzi dell’ente ecclesiastico sono stati talvolta ingentiliti dal vezzo estetico di abili estensori. Rientra certamente in questa categoria il catastico dei beni del Convento di Sant’Antonio, affidato all’abilissimo pubblico perito Lorenzo Mazi, incaricato della perticazione e della rappresentazione grafica dei beni immobili di proprietà del convento in Padova, documento questo che riesce a travalicare gli obiettivi amministrativi e gli scopi probatori per diventare una vera e propria panoramica delle contrade patavine, illustrata con estrema dovizia di particolari.

Ma cos’erano i catastici dei beni e a cosa servivano? Si trattava di volumi, il più delle volte rilegati in materiali pregiati, in cui erano raccolte le rappresentazioni dei beni di ragione di un soggetto, pubblico o privato, riportate in scala (l’unità di misura era allora la pertica padovana) da un pubblico perito, figura professionale di straordinaria importanza anche nel periodo del dominio della Serenissima, ai cui atti era riconosciuta pubblica fede.

Quello di Sant’Antonio è un caso davvero particolare: sono evidenti i mirabili esiti estetici di quelle rilevazioni dal tratto netto, acquerellato con tanta padronanza. Oltre ai beni del convento, l’autore riporta puntualmente le denominazioni di adiacenti palazzi nobiliari, chiese e sacelli, edifici pubblici, giardini, ponti e corsi d’acqua.

Ritroviamo certamente la Padova che conosciamo oggi, ma anche scorci di contrade e facciate di edifici scomparsi in seguito alle soppressioni napoleoniche e alle più recenti campagne di demolizione.

Il catastico porta la data del 1735 ed è stato disegnato da Lorenzo Mazi, appartenente ad una famiglia che vanta numerosi pubblici periti, la cui professionalità era evidentemente molto apprezzata e considerata.

Vale la pena qui richiamare anche un altro prodotto cartografico di prim’ordine, la Carta di Padova di Giovanni Valle del 1784, anch’essa di fondamentale importanza per conoscere una Padova che in parte è purtroppo scomparsa.


DAL CATASTICO (ASPd, S. Antonio, b.320)

Piazza dei Signori (c.40)

 

Piazza dei Signori, veduta del lato meridionale. Si tratta di uno dei luoghi della città che dall’età moderna ha subito meno cambiamenti; nella rappresentazione si può osservare la facciata della loggia del Consiglio, detta più tardi della Gran Guardia, eretta su progetto di Annibale da Bassano tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento. Nell’immagine superiore, alle stesse pagine, prospetto di via Boccalerie nel punto in cui la strada sbocca nella piazza della Frutta: vi si vedono gli antichi edifici sostituiti dal palazzetto ottocentesco all’angolo con la piazza, tuttora esistente. (e foto 4Bis).

Pietro Selvatico, Guida di Padova e dei suoi principali contorni, Padova, Sacchetto, 1869, p. 259.


San Giovanni delle Navi (c.36)

Angolo tra riviera S. Benedetto e via S. Euganea, di fronte al ponte di S. Giovanni delle Navi. In quest’immagine si ha una veduta della casa detta della Dogana, ancora nel Settecento ricordata con tale denominazione: risalente alla fine del XIII secolo ed eretta fuori le mura comunali, la Dogana vecchia fu posto di controllo per l’ingresso e l’uscita dalla città di merci e persone ed è oggi considerata una delle più belle case romaniche di Padova.

Laura Organte, Il giro di Padova e dintorni in 501 luoghi, Roma, Newton Compton, 2014, sch. 28.


Orto botanico e altri orti (c.11)

Area tra il piazzale Pontecorvo e l’Orto botanico, veduta da oriente verso occidente. Ad eccezione della cortina di edifici prospettante il piazzale, i terreni che si estendevano tra le mura cinquecentesche, il ponte Pontecorvo e il ponte del Maglio erano destinati ad orto. Nell’attuale sistemazione viaria dell’area, oggi interamente edificata e in parte occupata dalla sede dell’Istituto Usuelli Ruzza, rimane qualche memoria degli antichi proprietari dei fondi: il vicolo Santonini ricorda nel nome la famiglia che aveva nell’area il palazzo dominicale (ancora esistente e riconoscibile nel disegno) e un esteso appezzamento di terreno.

Gaetano Croce, a cura di, I rilievi del centro storico, Padova, La Garangola, 1988, p. 362.


Contrada dei Rogati (c.34)

Tratto dell’odierna via dei Rogati, lato meridionale. Nel tessuto urbano, accanto ad abitazioni con portico ancora dall’aspetto medievale (si notino le trifore sulle facciate, oggi scomparse), spicca il palazzo della famiglia Da Panico, eretto tra il 1500 e il 1502 per i conti Passera da Genova. L’edificio, che conserva intatta la facciata principale, è oggi la sede dell’Istituto Barbarigo.

Gaetano Croce, a cura di, I rilievi del centro storico, Padova, La Garangola, 1988, p. 383.


Contrada di San Daniele (c.28)

Contrada di San Daniele, con veduta della chiesa. Il tempio si presenta in questa rappresentazione con una facciata partita da lesene e finestrata, sormontata da un timpano di ispirazione classica; il luogo di culto, risalente all’XI secolo, aveva assunto questa forma dopo i restauri del 1653-57, che avevano eliminato il portico antistante la porta maggiore. La facciata attuale risale alla ristrutturazione del 1851-1857.

Claudio Bellinati, Lionello Puppi, a cura di, Basiliche e chiese, Vicenza, Neri Pozza, 1975, p. 317-318.

.